Intorno al fuoco che avevamo acceso al limitare con i campi circostanti, guardando verso l’orizzonte di Bologna e i fuochi d’artificio che esplodevano in tutto il cielo. Nella casa di mia nonna dalle pareti in pietra, a metà della stradina in pendenza che divide il borgo medievale dell’Appennino dove passo le mie estati da quando sono nata. Sul divano del piccolo bilocale in cui eravamo costretti dal lockdown, la televisione accesa su Blade Runner e gli avanzi della cena casalinga accantonati nell’acquaio. Ricordo perfettamente dove mi trovavo ogni volta in cui, allo scoccare del nuovo anno, ho pensato: “quest’anno giuro che ricomincio a studiare francese”. Con il terminare del 2024, alla luce di tutti i libri letti nel corso dell’anno, si è aggiunto un buon proposito in controtendenza forse a quello del 95% della popolazione mondiale: leggere meno, leggere meglio. Che, nel mio caso, significa anche non farmi prendere da una FOMO compulsiva che mi porta a leggere qualsiasi caso editoriale che mi passi sottomano, facendo poco caso alla trama.
Perfetto, all’alba della fine di gennaio posso dire di aver già disatteso questo buon proposito. Dopo averlo ritrovato in buonissima parte delle liste dei libri imprescindibili usciti nel 2024 che ho letto con foga e che mi hanno fatta sentire come se quell’anno non avessi letto assolutamente nulla, ho finito di leggere qualche giorno fa All Fours, di Miranda July (in Italia A quattro zampe, pubblicato da Feltrinelli con la traduzione di Silvia Rota Sperti): inneggiato dalla critica come il primo grande romanzo sulla menopausa, in All Fours una narratrice senza nome ci porta con sé in un roadtrip da costa a costa (o almeno così crede lei quando sale in auto) che sarà la porta d’ingresso a una dirompente riscoperta di sé, del suo corpo, e del suo desiderio sessuale al netto dei livelli di estrogeno in picchiata nel suo corpo con l’avvento della menopausa.
Se è da nemmeno un secolo che riusciamo a leggere con più frequenza voci di donna che portano avanti una loro narrazione, figuriamoci quanto possono essere state ascoltate fino a oggi le donne alle prese con il principio della menopausa, peraltro uno dei tanti tabù che avviluppano la condizione femminile, forse addirittura il più grande. In anni dove ormai la necessità della rappresentazione per comunità e gruppi minoritari di ogni tipo non è più nemmeno argomento di conversazione da quanto è una necessità assodata e ascoltata, necessità che tra l’altro ha aperto tutti i canali, dalla letteratura al cinema alla TV, a una molteplicità di narrazioni realmente diversificate, andando finalmente oltre al tokenism dei primi anni 2000, capisco, rispetto e celebro la vitalità di tutte le narrazioni e punti di vista a cui finalmente abbiamo accesso. Allo stesso tempo, nel corso della lettura mi è stato dolorosamente lampante in numerosi passaggi come stessi leggendo un libro rivolto a un target estremamente preciso di cui io non facevo parte: il libro vuole chiaramente parlare alle donne che si trovano nella stessa situazione della narratrice protagonista, fino a poco prima ignara di cosa voglia dire per il suo corpo e la sua mente la perimenopausa, per dar loro uno spazio sicuro dove sentirsi rappresentante, capite e non giudicate. La mia incapacità di empatizzare con questo libro mi ha però portata a domandarmi cosa invece renda altre narrazioni, specialmente di voci appartenenti a gruppi marginalizzati, come accennavo prima, e quindi di punti di vista e temi che non conosco in prima persona, comunque per me interessanti da leggere, e in un certo senso quasi universali sebbene la loro specificità di esperienze. (Non ho alcuna risposta, sia ben chiaro, e non sono nemmeno sicura di aver spiegato bene il concetto).
L’unica cosa che mi ha veramente divertita di questa lettura? La storia prende il suo via più folle da una stanza di hotel, che è esattamente il luogo in cui io stessa ho letto questo libro. Appena partita per New York con un itinerario diviso in tappe già meticolosamente pianificate, a solo una decina di miglia da casa sua, la narratrice si ferma a fare benzina e incrocia (forse per caso) lo sguardo di un ragazzo più giovane che sta lavando il suo vetro. Just like any sane person would, lei decide di fermarsi lì per quella notte: e just like any sane person would, riesce a incrociare “casualmente” di nuovo il ragazzo, scopre che la sua giovane moglie è un’arredatrice di interni e la ingaggia per riarredare completamente la squallida stanza del motel dove alla fine resta per tre settimane, ricreando in ogni singolo particolare la suite dell’hotel Le Bristol di Parigi.
Quando mi sono guardata attorno, stesa sul letto singolo della mia camera d’hotel, pensando a come avrei potuto stravolgere quella stanza in cui sono stata rinchiusa per sei giorni nelle poche ore in cui non ero prigioniera della fiera di Rho, ho guardato la grande finestra che andava dal pavimento in parquet al soffitto con delle finte boiserie e ho realizzato che prima di tutto avrei dovuto cambiare la visuale e sostituire i tre cassonetti rovesciati e il parcheggio del discount con qualcosa di più piacevole alla vista.
Detto ciò, il problema principale con questo libro non è stato che il tema non mi fosse vicino, o che non riuscissi a empatizzare con ciò che la narratrice sta passando. No, è stata l’insopportabile verve da artistoide fuori dalle righe che permea tutto questo maledetto libro. Miranda July, che oltre a essere scrittrice di narrativa e di poesia si è cimentata anche nel cinema e nella performance art, è un’artista abbastanza rinomata negli Stati Uniti: come la narratrice vive a Los Angeles, come la narratrice ha un non-gendered child a cui si riferisce con il pronome they, come la narratrice ha un’età anagrafica che ci porta a pensare che sia da poco alle prese con la menopausa. Purtroppo ho trovato tutto ciò che la narratrice (e quindi, possiamo dirlo? l’autrice) fa estremamente forzato, per ricordarci quanto siamo davanti a un’artista rivoluzionaria, che non si preoccupa della società e delle etichette, e lo fa forzando su qualsiasi minima azione e avvenimento un significato più grande: quant’è concettuale rinnovare la stanza di motel subito fuori Los Angeles in cui ti fermi per tre settimane quando alla tua famiglia dici di essere a New York, quant’è concettuale che a farlo sia la moglie del ragazzo di cui ti sei invaghita a cui corrispondi un compenso che è esattamente l’importo di quanto avevano bisogno per comprare casa, quant’è concettuale che sia lei a posizionare il tuo nuovo materasso, come se fosse la sua benedizione a consumare con il suo stesso marito un rapporto, quant’è concettuale… No. Stai calma.
Quindi temo che questo libro non mi abbia parlato (va bene, posso dirlo: mi abbia veramente infastidito) non solo perché non sono il suo target di riferimento, e su questo avrei anche potuto soprassedere, ma perché purtroppo non vedo come minimamente interessanti questo rendere la propria vita una becera performance art. Sto cercando di non far trasparire il fastidio che mi provocano questə artistə poliedricə per cui tutta la vita è un palco e le persone che lə circondano solo delle misere comparse ma sto fallendo, lo so. E comunque, posso dire? Mo’ ve la buco, sta autofiction.
Il giorno dopo averlo terminato me lo sono pure ritrovato nella nuova puntata del Mondo Cultura, il podcast settimanale di Internazionale: da sola nella mia camera d’hotel, quando ho sentito la puntata aprirsi con la frase “oggi vi parliamo di un libro sul desiderio femminile: All Fours, di Miranda July”, la mia reazione è stata assolutamente pacata.
(Sì, siamo passatə dal libro #2 al #4: in mezzo c’è semplicemente stato l’audiolibro di Harry Potter e l’Ordine della Fenice. Considerando che sono già pericolosamente in ritardo rispetto alla tabella di marcia che mi sono autoimposta per questa newsletter, e che sono riuscita a riempire queste ultime due settimane di gennaio con un numero di impegni non umano e ben sopra la mia media - già di per sé tutto un dire -, non riesco a dire molto altro se non che è stato il comfort listen che mi meritavo nell’orrido weekend di influenza sopita e mai esplosa che è coincisa con la preparazione di valigia e campionario per la fiera che mi ha tenuta ostaggio tutta la scorsa settimana).
Cos’altro ho voracemente consumato questa settimana?
La Grande Ambizione (2024), Andrea Segre: sono una persona semplice, mi basta sentire “1 italiano su 3 vota comunista” e mi salgono le lacrime, ingenua idealista dilaniata dalla nostalgia per tempi mai vissuti. Non per niente mia nonna, mentre le raccontavo il film al telefono, si è commossa fino alle lacrime ricordando l’ultimo comizio di Berlinguer a Padova, e raccontando come da Cortina fosse andata fino a Roma per un ultimo saluto a Enrico, piantonando via delle Botteghe Oscure. Buon sangue non mente. Non so ancora se ho apprezzato l’impianto estremamente documentaristico del film, che guarda nella stessa maniera al Berlinguer dei lavoratori, della politica e della famiglia senza affondare mai in nessuno dei tre aspetti. Nel dubbio, ho comunque pianto copiosamente.
Black Doves (2024), Joe Barton | Netflix: spy story, Londra, alberi decorati e lucine natalizie nello sfondo di ogni scena, Keira Knightley che per la prima volta non mi fa venire voglia di spaccare lo schermo quando sorride in quella maniera forzata ma anzi si rivela ottima e credibilissima nella parte della spia sotto copertura come moglie del segretario della difesa inglese. Insomma, tutti gli elementi per essere la serie TV che mi ha dato la forza di arrivare a fine giornata in fiera, pregustando la mia cena solitaria in camera con un episodio in sottofondo prima di toccare il letto e svenire.
sorvolando su quanto l'inizio della newsletter mi abbia fatto sentire in colpa—il gufo di Duolingo mi ricorda che il mio proposito di studiare il francese si è arenato dopo un paio di giorni—questa puntata capita al momento giusto. il libro di July mi incuriosiva per le sue premesse, però confesso di avere poca tolleranza per i libri che, invece di essere sovversivi (o originali, etc) e basta, sembrano dirti: "ma lo vedi *quanto* sono sovversivo?". lo depenno dalla TBR!